Angelo Telatin
Professor at Delaware Valley University, Fellow of the British Horse Society, Board member of International Society for Equitation Science
Silvia Missaggia
‘La voce dei cavalli the voice
of horses’
Dal 1° maggio 2025 è entrata ufficialmente in vigore una novità importante decisa dalla FEI: durante le competizioni verrà controllato quanto la capezzina è stretta sul muso del cavallo, usando uno strumento apposito. Niente più ‘controllo a due dita’ con tutta la sua soggettività, ma un misuratore standard: il FEI Measuring Device, spesso 1,7 cm, che dovrà scivolare senza sforzo tra l’osso nasale e la capezzina. Se non passa… tocca allentare!
I controlli potranno essere effettuati da uno Steward FEI sia prima sia dopo la gara. Se la misura non rispetta i parametri, il cavaliere dovrà sistemare i finimenti finché il dispositivo non passerà agevolmente. E se si rifiuta? Niente gara. Se il controllo avviene a competizione finita e la capezzina risulta troppo stretta, scatta l’eliminazione dalla classifica e arriva anche un bel cartellino giallo.
L’obiettivo? Rendere questo sistema uno standard in tutte le discipline equestri riconosciute dalla FEI.
Naturalmente, la decisione ha fatto discutere: da una parte chi applaude l’iniziativa come un passo avanti per il benessere del cavallo, dall’altra chi la vede come un’ingerenza inutile. Ma cosa ci dice davvero la scienza?
Capezzine e stress: cosa dicono gli studi
Nel 2016 uno studio pubblicato su PLoS One ha analizzato gli effetti delle capezzine strette su comportamento e parametri fisiologici di 12 cavalli montati in briglia e capezzina svedese. I cavalli sono stati osservati in quattro condizioni, da ‘capezzina aperta’ a ‘capezzina chiusa senza spazio’.
I risultati sono stati chiari: quando la capezzina era completamente stretta, i cavalli mostravano frequenza cardiaca più alta e aumento della temperatura oculare: tutti indicatori di stress. Non solo: niente sbadigli, niente leccamenti, masticazione quasi assente. Quando finalmente veniva tolta la briglia, i cavalli ‘esplodevano’ in comportamenti orali rimasti ‘bloccati’, come a voler recuperare il tempo perso.
E non finisce qui.
Uno studio del 2020, pubblicato su Animals, ha analizzato 144 crani di cavalli sportivi, cercando segni di lesioni o ispessimenti ossei causati da pressioni prolungate nella zona del naso. Più della metà presentava alterazioni compatibili con l’uso continuato di capezzine troppo strette, in particolare sulle ossa nasali.
Nel 2024, un’altra ricerca apparsa su Veterinary Medicine and Science ha indagato gli effetti di capezzine strette sulle vie aeree superiori. I cavalli sottoposti a esercizio con capezzine chiuse presentavano più secrezioni, segni di dolore, e in alcuni casi persino collasso di strutture faringee. Un bel problema, soprattutto per un atleta che deve respirare bene per esprimersi al massimo!
Il cavallo che apre la bocca sta parlando
Il gesto di aprire la bocca è una forma di comunicazione. È il modo in cui il cavallo ci dice: ‘Qualcosa non va’. Capezzine usate per ‘chiudere la bocca’ non fanno altro che tappare la voce del cavallo, impedendogli di esprimere disagio o dolore. È un po’ come mettere a tacere chi ci sta chiedendo aiuto.
E qui viene da chiedersi: quanti tra noi cavalieri stringono ‘un buco in più’ solo per stare tranquilli? Quante volte si preferisce ‘non sentire’ ciò che il cavallo sta cercando di dire? È utile fermarsi un momento e chiedersi: sto davvero ascoltando il mio cavallo?
Un gesto semplice come allentare una capezzina può fare una differenza enorme nel suo benessere.
Ma non basta solo adeguarsi al regolamento in gara. La vera sfida è portare questa attenzione anche nel lavoro quotidiano, a casa, quando nessuno ci osserva. È lì che si gioca la partita più importante. Il rischio, altrimenti, è quello di ‘mascherare’ i finimenti giusto il tempo di superare un controllo ufficiale, per poi ripristinare la stretta e tornare alle vecchie abitudini.
Un piccolo strumento, un grande messaggio
Il misuratore della FEI può sembrare una piccola cosa, ma in realtà rappresenta un grande messaggio culturale: il cavallo non è un attrezzo da competizione, ma un atleta senziente che merita rispetto, ascolto e tutela. Questa novità regolamentare è un passo avanti, ma non deve essere un punto d’arrivo. Serve continuare a lavorare sulla formazione di cavalieri consapevoli, sull’abbandono degli strumenti coercitivi e su un cambiamento più ampio che tocchi tutta la cultura equestre.
Perché l’equitazione, prima di essere tecnica e risultato, è relazione.
E ogni relazione sana parte da un principio semplice: ascoltare chi si ha davanti.
Il cavallo non ha voce per spiegarsi, ma ha mille modi per farsi capire.
Sta a noi avere l’umiltà di ascoltarlo.
Photo credits Stefano Secchi