Mauro Checcoli
Oro Olimpico di Completo individuale e a squadre Tokyo 1964
Sono passati cinque anni da quando ho cominciato a fare Corsi per Istruttori FISE ai Pratoni del Vivaro, considerando anche il periodo vuoto del COVID.
Ho insegnato a oltre cento ragazzi e, per la maggior parte, ragazze di diversi livelli agonistici, provenienti da quasi tutte le regioni, con l’esclusione di alcune, come Liguria, Basilicata, Marche, Umbria e, credo, Campania.
Di questi allievi istruttori posso dire che soltanto pochissimi stavano in sella con una impostazione consapevole e accettabile: forse una decina, che avevano avuto un buon istruttore a sua volta formato da un buon istruttore e uomo di cavalli.
Infatti l’equitazione è un’attività che si trasmette per contatto continuo fra Maestro e allievo, come succede anche per tutte le discipline sportive e artistiche in cui il ‘fare’ si apprende ‘facendo’ e osservando chi fa sapendo quello che fa… Non bastano i libri, anche molto intelligenti e ben scritti, ma è necessario anche l’esempio pratico e le spiegazioni dettagliate che un buon Maestro può dare.
Il perché delle cose
Personalmente ricordo nei minimi dettagli la spiegazione che il mio Maestro Fabio Mangilli, sessant’anni fa, mi dava sul ‘perché’ si deve stare a cavallo in un certo modo e non in un altro. Su come si deve agire con il proprio corpo, mani, gambe e peso, per essere chiari sugli obiettivi da raggiungere insieme al nostro cavallo. Su come si può e si deve efficacemente comunicare con lui. Sul perché con il rispetto, la gentilezza e la pazienza si ottengono i risultati migliori e più duraturi.
Quasi nessuno dei miei allievi, per quanto esperti agonisti e volonterosi frequentatori, aveva mai avuto informazioni elementari su tutto ciò, quando appare evidente a tutti che qualunque attività, lavoro e vita comune dipende essenzialmente dalle capacità di comunicare e di capirsi fra i partners.
Altro fatto che mi colpiva molto era che non sembrava che i più si divertissero a montare a cavallo, ma davano l’impressione di essere come bloccati mentalmente e fisicamente dalle memorie acquisite nelle loro precedenti esperienze.
Per esempio, dovevo insistere perché i ragazzi uscissero dal campo ostacoli in sabbia di 40 x 70 o, al massimo, 50 x 100 e facessero una trottata di riscaldamento per i meravigliosi prati del Centro Federale di oltre 140 ettari.
Oppure, richiesti di recarsi in fondo alla tenuta e di raggiungermi, galoppando in gruppo e alla fine lasciando liberi i cavalli, non lo hanno fatto, motivando il loro rifiuto con i divieti del passato oil timore di danneggiare il cavallo oppure la preoccupazione di perdere il controllo.
Nulla di grave, infatti pochi giorni dopo tutti galoppavano allegramente con grande piacere dei cavalli e loro risate di felicità.
Ovviamente, chi aveva avuto un buon istruttore non aveva di questi problemi, a conferma che tutte le difficoltà hanno sempre origine nella mancanza di qualità dei programmi di formazione degli istruttori che si hanno. La responsabilità non è soltanto la loro, ma dei metodi e dei programmi di formazione che hanno frequentato nelle loro regioni. Tutti coloro che sono coinvolti nella disciplina del Salto Ostacoli, praticata dal 90% (forse più) dei tesserati agonisti in Italia, sanno di essere immersi in un ambiente molto vivace dal punto di vista organizzativo, commerciale ed economico, ma molto povero di qualità tecnica e, occorre dirlo, di cultura.
Cultura e sapienza
Perché parlo di cultura? Perché di questo si tratta quando si ha a che fare con un essere vivente come il cavallo, dotato di estrema sensibilità, grande forza fisica e grande reattività.
Se si aggiungono a queste qualità anche una formidabile memoria, si capisce facilmente che per gestire bene questo essere straordinario sono necessarie una sapienza e una cultura adeguate.
Ora, non possono essere un certo numero di unità didattiche distribuite nel tempo (pur gestite da insegnanti eccellenti) che possono consentire a futuri istruttori di avere gli strumenti per insegnare bene ai loro allievi come convivere in armonia con il loro cavallo e trovare le giuste soddisfazioni. Occorre trovare una nuova e ragionevole strategia.
Non si può pretendere che dei giovani lascino le loro famiglie e case per anni – come successe a me ed ai migliori istruttori oggi operanti in Italia, formati ai Pratoni del Vivaro, preparandosi per le Olimpiadi – però investire in qualcosa di simile e praticabile, magari in collaborazione tra FISE, Corpi Militari, CONI, grandi Enti Pubblici e Privati, Allevatori, le loro Associazioni, e soprattutto il Ministero dell’Agricoltura.
Non si parla di grandi numeri, ma di poche decine all’anno di giovani dotati di passione, di un carattere solido e di una buona qualità fisica da inserire in una buona organizzazione didattica. Non è impossibile riuscirci e bisogna riuscirci, in caso contrario la nostra equitazione continuerà a perdere qualità, accumulerà insuccessi e grandi delusioni. Questo, a mio avviso, dovrebbe essere il compito principale della FISE nei prossimi anni, avendo le strutture, le competenze e i mezzi per riuscirci.
Photo Credits Stefano Secchi