di Pietro Grandis
Ogni volta che una persona inizia uno sport, che sia equitazione, calcio, bocce o qualsiasi altro, indipendentemente che sia un bambino o un adulto, fin da subito si trova a confrontarsi con il concetto di ‘talento’.
Eppure nessuno ci sa spiegare in cosa consiste il talento e non si riesce a capire nemmeno se esiste veramente, almeno fino a quando non lo
si tocca con mano.
Dalla mia esperienza, il mito del talento è stato costruito da chi non è riuscito a raggiungere nella propria carriera sportiva i traguardi che si era prefissato; questo forse per paura, per mancanza di capacità, perché non si è impegnato abbastanza, ha avuto sfortuna, o qualsiasi altra delle tante variabili che si incontrano sulla propria strada. Dal mio punto di vista, quindi, il successo o l’insuccesso non dipendono dal talento. ‘Con talento’ o ‘senza talento’ è un’etichetta che gli altri ci mettono.
La volontà di progredire è un atteggiamento mentale ma le capacità di rendere i pensieri in azioni sono dovute alla preparazione, all’allenamento. Se ti alleni, se lavori, progredisci. Quanti cavalieri ritenuti talentuosi si sono persi per la strada? Tanti! E perché? Perché si sono adagiati sul sentirsi dire ‘che talento!’ e non hanno saputo impegnarsi, lavorare seriamente per progredire.
Ho provato su me stesso che, indipendentemente dal livello in cui sei, se ci metti tutta la buona volontà, l’impegno e lavori instancabilmente progredisci e arrivi a un buon livello. Il talento, alla fine, non è qualcosa
di innato ma è quello che ti sei creato con le esperienze fatte.
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