Giorno dopo Giorno – Come eravamo, chi siamo, chi saremo con Neco Pessoa
Nelson Pessoa, Neco, uomo di cavalli di inestimabile saggezza e esperienza, è stato ed è testimone diretto dei cambiamenti che hanno caratterizzato il nostro sport a partire dagli anni 60. Ecco la sua testimonianza.
Lento ma costante
Il cambiamento c’è stato ed è evidente.
È avvenuto nel tempo. Un’evoluzione lenta ma costante. Non tanto nel talento delle persone, che è lo stesso per chi è nato 100 anni fa, 50 anni fa e per chi verrà in futuro, ma è l’evoluzione dello sport, la quantità di gente, la quantità dei cavalli, la quantità dei concorsi, tutti cresciuti in modo esponenziale. Questi grandi numeri offrono maggiori possibilità di formare un numero più elevato di grandi cavalieri e quindi di campioni. Questo da una parte è un bene. L’evoluzione infatti, come in tutte le cose della vita, non sempre porta con sé una migliore qualità in generale, né un miglior genere di vita, ma nel nostro sport molte cose sono da considerarsi positive: l’industria dello sport, la qualità dei cavalli, la quantità dei cavalli, la quantità dei cavalieri e di tutta l’industria del settore, che è diventata gigante.
Sport & Business vs Business & Sport
Per contro, però, penso che l’equitazione sia passata da essere prima di tutto uno sport che consentiva di fare business, a essere un business che è entrato nello sport. Oggi la prima cosa è il business, dopo viene lo sport. La differenza è sostanziale. Questa è la mia opinione. Anche l’economia e la gestione delle cose sono cambiate. Faccio un esempio, quando vivevo a Ginevra, la mia casa era vicina alla sede della Federazione Equestre Internazionale, che una volta era un’antica casa con 3 o 4 persone che ci lavoravano. Oggi la sede della FEI è un vero e proprio palazzo a Losanna; questo dimostra molto chiaramente l’evoluzione dello sport in questa materia. Questo evolversi ha causato un grande cambiamento anche nella vita degli atleti. Oggi i cavalieri sono sempre in viaggio, si spostano di continuo da una parte all’altra del mondo e difficilmente riescono ad avere una vita famigliare come accade nella vita in generale. Nello stesso week end molti cavalieri si spostano da un concorso all’altro e poi pronti di nuovo a fare lo stesso nel week end successivo. Anche io ai miei tempi viaggiavo tanto, sin da quando ho iniziato, facevo 16 concorsi all’anno, che erano già tanti! Poi siamo passati a 32, e via via sempre di più, ma adesso è davvero incredibile! Noi esseri umani siamo così, esageriamo sempre, vogliamo sempre di più. Chi ci osserva da fuori ci giudica ma chi è dentro a questo vortice non si rende conto, lo considera normale. Ma beh, non lo è.
La consapevolezza
Oggi tutto il mondo vede tutto. Abbiamo gli occhi puntati addosso. Bisogna fare molta attenzione a come ci si comporta, a come sono gestiti i cavalli, non si può e non si deve sbagliare perchè qualsiasi errore o problema è subito sotto gli occhi dell’opinione pubblica. Lo vediamo accadere in molti aspetti della nostra vita quotidiana. La gente è più attenta, guarda, si informa e denuncia.
Quale futuro?
Ma se si continua a lasciare andare, a non fermarsi, a rimandare il momento di porre dei limiti, se non si pensa realmente a proteggere i cavalli da questa esagerazione, se continuiamo a fare finta di niente giorno per giorno il mostro diventa sempre più grande…. Eppure in mezzo alla quantità di concorsi, alla confusione, alla corsa sfrenata per avere sempre di più, resta immutata la bellezza di concorsi come Aachen, Calgary, Roma… quei concorsi di 30, 40, 50 anni fa che ancora mantengono il loro fascino. Bisogna ripartire da lì, da quelle sensazioni, da quella vita, da quando fare i cavalieri era un privilegio per la qualità della vita e la condivisione che caratterizzava ogni concorso. Ogni momento era vissuto, ogni concorso era occasione di crescita. Oggi è sempre tutto alla rincorsa del tempo, col cronometro in mano. Non so, vediamo quello che riserva il futuro.
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