Cosa c’è da sapere sul cavallo scalzo. Con le veterinarie Emanuela Valle e Silvia Torresani, Luca Moneta e il pareggiatore Sebastiano Piazza.
Emanuela Valle, Veterinaria – ‘Forage, Freedom and Friends’
Essere sulla vetta del mondo scalzi, fa un po’ strano. Accostare tra loro due concetti in forte contrasto ci lascia stupiti e incuriositi anche perché spesso il barefoot viene associato a quella che è la gestione naturale del cavallo da passeggiata o comunque impegnato in attività non agonistiche.
I ferri sono utilizzati da sempre come protezione del piede. Proteggono lo zoccolo dall’attrito e dall’usura e spesso sono utilizzati come delle scarpe correttive e protettive. Esistono infatti numerose ferrature che aiutano il cavallo nel corso di problemi ortopedici.
Bastano piccole variazioni di appiombo o ferri di particolare forma, per supportare il piede e di conseguenza l’arto, variando lo stacco o l’appoggio. In questo modo la ferratura funziona come una scarpa ortopedica e aiuta a mantenere il giusto appoggio e lo stacco del piede durante il gesto atletico.
La scelta del pareggio appropriato
Grazie ai moderni terreni di gara e ai progressi delle tecniche di pareggio, i cavalli possono oggi in alcuni casi competere scalzi. Il passaggio al piede scalzo tuttavia richiede una fase di transizione ovvero un adattamento dello zoccolo. Non è, infatti, pensabile sferrare il cavallo e poterlo gestire e montare senza affrontare questa fase. In questo periodo il piede si adatta alle nuove condizioni di gestione e le sue strutture meccaniche e sensibili imparano e si abituano al barefoot. È esattamente quello che è accaduto quando da puledro è stato ferrato per la prima volta, ma in questa occasione il processo è al contrario.
Il barefoot può essere valutato essenzialmente in due casi.
01. Quando si ha necessità che il piede riacquisti la sua forma corretta e venga stimolata la crescita di un tessuto corneo sano e forte. In questo caso il veterinario consiglierà di sferrare il cavallo ma essendo uno zoccolo malato e distorto questo dovrà essere messo a riposo e comunque affrontare un lavoro molto leggero su terreni scelti anche per molti mesi, finché la crescita nuova e sana non sia completa o sufficiente.
02. Se invece si vuole davvero pensare di competere con un cavallo scalzo dobbiamo partire da un piede sano. Anche in questo caso il piede andrà incontro a una fase di transizione che è tanto più breve tanto più il cavallo ha un piede robusto con una muraglia e una suola buone e appiombi corretti. Questa fase richiede tempo e, una volta tolti i ferri, il cavallo diventa un osservato speciale. Per la gestione del cavallo bisogna scegliere il momento in cui il piede può affrontare questo passaggio. Il piede sferrato si modifica e si prepara a sopportare i carichi in modo diverso, ma va aiutato a fare questo. Alcuni accorgimenti richiedono che il cavallo venga messo a riposo o lavoro molto leggero per alcuni giorni e viene lasciato in paddock controllato, dove è possibile monitorare bene la sua attività e la superficie su cui cammina. Particolare attenzione va posta alle zone di passaggio del cavallo ovvero le superfici su cui cammina. Ad esempio avere camminamenti in gomma tra box, lavaggio, campi oppure superfici erbose e morbide aiuta tantissimo questa fase di transizione. Se nella nostra scuderia le superfici non sono appropriate, o peggio ancora le zone in cui transita il cavallo non sono levigate o vi sono pietre, sicuramente rendono questa gestione più difficile e non idonea. Non si possono dare tempi precisi alla fase di transizione, ma solitamente se il cavallo risponde bene, sono inferiori alle 8 settimane. In alcuni casi per facilitare il processo di transizione alcuni veterinari o maniscalchi consigliano di proteggere lo zoccolo con resine particolari.
‘Il cuore’ dello zoccolo
Se da una parte il barefoot richiede una attenzione nella gestione dello zoccolo attenta e precisa, dall’altra apporta alcuni vantaggi. In primis aiuta ‘il cuore’ dello zoccolo. All’interno del piede esiste un sistema che funziona come la pompa cardiaca e che viene attivato dall’elaterio. Quest’ultimo è un meccanismo di allargamento e restringimento, che si ripete durante ogni falcata ad ogni andatura.
Quando il piede appoggia sul terreno esso si dilata soprattutto a livello della zona dei talloni, mentre nella fase di stacco e sollevamento si restringe. Questo permette al piede di svolgere la funzione di ammortizzatore attenuando l’impatto con il terreno, ma stimola anche l’afflusso del sangue nel piede e il suo ritorno al cuore.
La scelta del barefoot richiede alcune riflessioni
È vero che ci sono cavalli molto sensibili ai ferri e che scalzi possono dare il meglio soprattutto sulle moderne superfici di gara in materiale sintetico, tuttavia se la nostra gestione non è ottimale questo processo di transizione e rafforzamento dello zoccolo non avverrà mai. Infatti, il cavallo non cammina solo sui campi da lavoro, ma transita in zone di passaggio o su superfici molto abrasive come il treadmill.
Se il piede si consuma troppo, naturalmente diventerà sensibile e va protetto. Dunque, gestire un cavallo senza ferri non vuol dire risparmiare sulla ferratura, ma seguire costantemente la crescita del piede del cavallo con attenzione, pazienza e meticolosità.
La scelta del barefoot dipende inoltre dalla genetica e dallo sviluppo del piede del cavallo, dalla gestione anche in termini di dieta, allenamento e dalla salute.
La gestione del cavallo deve essere individuale basata sulla sensibilità di ogni soggetto. Dunque non tutti i cavalli possono essere scalzi, ma bisogna capire se il nostro può essere sferrato, in quale periodo della stagione agonistica e per quanto e se questo porta vantaggi al suo benessere. Barefoot non è una moda o una mania ma deve essere una garanzia di tutela del suo benessere.
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