Prima di fare bisogna conoscere
I cavalli scalzi ci sono sempre stati. Nello sport abbiamo osservato che fino a 1,10 – 1,20 metri di altezza il cavallo con una buona conformazione ce la fa, poi però per affrontare altre altezze i piedi devono essere perfetti perché le energie in campo sono enormi. Del resto i cavalli non sono stati selezionati per saltare con un uomo sulla schiena. In natura il cavallo salta se deve farlo ma non certo come gli viene richiesto nello sport.
Lo studio del piede scalzo mi ha affascinato sin dall’inizio della mia attività; ho realizzato la mia formazione prendendo due diplomi negli Stati Uniti sullo studio della fisiologia del piede scalzo e come trattarlo.
Anni fa avevo contattato Luca Moneta perché sapevo che lui aveva già iniziato a montare senza ferri, andando in controtendenza a quei tempi. Così ci siamo conosciuti. Il primo cavallo che ho trattato è stato Connery. Abbiamo iniziato il percorso scalzo che già Connery aveva anni di carriera alle spalle; quindi non era facile perché un conto è iniziare da puledri, altro caso è se il cavallo prima è stato ferrato per anni. Non tutti ce la fanno. Luca ed io, poi, abbiamo sempre continuato a lavorare insieme e ancora oggi sono uno studio, una crescita e una scoperta che facciamo insieme.
La ferratura, inevitabilmente, per il tipo di materiali che si utilizzano, immobilizza completamente e interferisce con la funzione naturale del piede, che è quella della gestione dell’energia. Se pensiamo che il piede riesce a gestire tonnellate di peso quando si riceve da un salto, possiamo capire che è un meccanismo straordinario, perfetto, resistente ma anche molto delicato. L’immobilizzazione generata dal ferro crea atrofia e l’impossibilità del piede poi di gestire questa energia. Perciò, quando lo si sferra, il cavallo necessita di un periodo di riabilitazione del piede, quella che chiamano ‘transizione’; a volte si riesce a fare, a volte non si riesce o si riesce solo in parte e non secondo le aspettative del cliente.
Le aspettative sono uno dei problemi. Tutti si aspettano che un cavallo di qualità debba dare per forza prestazioni eccellenti, ma dobbiamo considerare che ogni cavallo è un individuo e non solo da punto di vista genetico. Dal momento in cui il cavallo inizia a essere messo nello sport, bisogna tenere conto degli stimoli ambientali, di tutto il suo percorso, che comprende la gestione, l’alimentazione, l’allenamento e tutto il resto. Tutti gli elementi concorrono a creare un individuo diverso e non quello che ci si aspetterebbe ‘sulla carta’.
Semplificando, con i ferri si riesce a fare funzionare ogni cavallo anche se ha dei problemi. Invece, il cavallo scalzo se non è più che a posto ce lo dice chiaramente. La gestione del piede scalzo non riguarda solo l’intervento del pareggiatore, è un evolversi continuo, ogni giorno bisogna seguirne anche le più impercettibili modificazioni. E’ certamente più difficile. Quello che il cavallo fa ogni giorno o che subisce, influisce sui piedi. Il cavallo ripartisce l’energia in modo differente a seconda del problema che ha dovuto fronteggiare e questo si riflette inevitabilmente sulla scatola cornea.
Qui entriamo in un discorso di ricerca e di studio. Bisogna essere preparati, bisogna conoscere a fondo il cavallo e tutti i suoi aspetti. Una grande responsabilità è dei cavalieri e dei groom, con i quali io mi relaziono di continuo, che devono accorgersi di ogni cambiamento e sensazione che il cavallo trasmette. Il cavaliere deve avere la sensibilità di capire, deve porre sempre attenzione. Qui il team work è fondamentale, necessario. Tutti coloro che fanno parte della vita del cavallo devono interagire, confrontarsi ed essere d’accordo sulle procedure. Veterinari, pareggiatori, groom, cavalieri, proprietari, alimentaristi, tecnici e via dicendo. È un lavoro di team senza il quale nessun risultato è raggiungibile.
È innegabile che i cavalli sani stanno meglio senza ferri, si muovono in un modo diverso, saltano in un modo diverso. Hanno un limite però: quanto lavoro devono fare. Al di sotto delle gare di 1,50 avremmo un alto numero di cavalli che possono saltare scalzi. Oltre a un certo limite si può fare solo in alcuni casi, magari solo in certi momenti, con le dovute attenzioni, osservando l’evoluzione del piede…
Oggi va di moda il cavallo sferrato ed è la cosa che mi terrorizza di più. L’esempio degli Svedesi è esploso ma bisogna fare attenzione, il dietro le quinte è estremamente complesso, non si può credere che sia una moda, è pericolosissimo. Bisogna conoscere bene come funzionano le cose prima di pensare di poterle fare. Per il cavallo sportivo la gestione del piede scalzo costa di più sotto tutti i punti di vista, economico, mentale, organizzativo, in tempo e lavoro. Al contrario, il maniscalco ferra il cavallo e per i successivi 50 giorni è a posto. Ci saranno magari altre preoccupazioni.
Ci sono molte persone oggi che vogliono sferrare i cavalli seguendo la tendenza, poi hanno fretta di avere il risultato, che però non arriva. Così decidono di riferrarli dicendo che non funziona. Ma non è vero, è solo questione di come si affronta il piede scalzo. Il cavallo deve stare bene e bisogna essere in grado di farlo stare bene.
La priorità assoluta nel pareggiare il piede è la ricerca dell’equilibrio e, nello specifico, l’equilibrio che c’è tra la terza falange e la scatola cornea.
Questa è la prima cosa. Nel 95% dei cavalli è la sola cosa importante. Per ritrovare l’equilibrio del piede nella mascalcia tradizionale ci sono dei parametri da rispettare riguardanti la morfologia e la postura del cavallo. Qui si parte invece dal piede, si pone attenzione su come si è conformata la terza falange rispetto alla scatola cornea. Quando si raggiunge questo equilibrio va a posto anche tutto il resto; migliora la postura, si modificano la muscolatura, l’andatura. C’è un modo per stabilire la posizione della terza falange: con l’osservazione e l’analisi dei tessuti.
Con l’osservazione e il tatto io riesco a individuare la posizione della terza falange. Si parte dal concetto che tutta l’energia viene convogliata correttamente verso i tessuti interni che vengono stimolati e producono una muraglia molto più efficiente. Più si riesce a dare equilibrio, più si otterrà un’unghia performante, e non solo l’unghia ma anche tutte le strutture interne. Applicando il ferro la parte caudale del piede non può più muoversi, perde la sua mobilità ed elasticità. Sono concetti che vanno approfonditi per essere compresi.
Il mio consiglio è quindi di studiare, informarsi, lavorare con un team e un pareggiatore che siano informati e prepararti. Servono cultura, studi aggiornati, all’avanguardia. Servono conoscenza profonda e tanto tempo.
Noi abbiamo l’orologio, i cavalli hanno il tempo.
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Silvia Torresani – veterinaria di medicina integrata | Il team svedese del salto ostacoli